Riserva MAB Collemeluccio-Montedimezzo Alto Molise

Conservazione e utilizzo sostenibile delle risorse del territorio

MAB è un acronimo inglese che sta per Man and Biosphere cioè “L’uomo e la Biosfera”, un programma avviato nel 1971 dall’UNESCO (L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura), con lo scopo prioritario di sviluppare un rapporto sostenibile e duraturo tra l’uomo e la natura.
Al fine di raggiungere tale obiettivo è stata creata una rete delle cosiddette “Riserve della Biosfera”, ecosistemi terrestri e costiero/marini riconosciuti a livello mondiale per l’elevato potenziale ambientale. Attualmente le Riserve MAB sono 651 e 13 sono quelle presenti in Italia.
Rappresentano dei siti importantissimi sia per la ricerca, sia per la formazione che per l’educazione ambientale; inoltre, attraverso il coinvolgimento delle comunità locali, mirano alla conservazione e all’utilizzo sostenibile delle risorse del territorio.
La Riserva nasce nel 1977 suddivisa in due nuclei distanti 15 chilometri, con caratteristiche geomorfologiche e vegetazionali peculiari: Collemeluccio nel comune di Pescolanciano e Montedimezzo nel territorio di Vastogirardi, per un’estensione totale di 654 ettari.
Nel 2006 è stato costituito il Consorzio AssoMAB i cui membri effettivi sono sette comuni (Carovilli, Pescolanciano, Chiauci, Vastogirardi, San Pietro Avellana, Pietrabbondante, Roccasicura), nonché l’Università degli Studi del Molise, l’Ufficio per la Biodiversità di Isernia e la Regione Molise, al fine di realizzare un ampliamento e una zonizzazione della Riserva con un incremento della superficie da 651 a 25.268 ettari.
Nell’area sono presenti, in modo totale o parziale, 7 Siti di Importanza Comunitaria (SIC) della Rete Natura 2000 molisana: 1) Bosco di Collemeluccio – Selvapiana – Castiglione – La Cocozza, 2) Bosco di Monte di Mezzo – Monte Miglio – Pennataro – Monte Capraro – Monte Cavallerizzo, 3) Isola della Fonte della Luna, 4) Pesche – Monte Totila, 5) Torrente Tirino (Forra) – Monte Ferrante, 6) Gola di Chiauci, 7) Torrente Verrino, caratterizzati dalla presenza di habitat di interesse comunitario forestali, ma anche arbustivi e prativi.
Le due aree storiche sono fruibili grazie a un’ampia rete sentieristica (in particolare, il sentiero Colle San Biagio, a Montedimezzo, garantisce l’accessibilità ai portatori di handicap), lungo la quale periodicamente si organizzano anche gare di orienteering, corsa podistica e mountain bike, grazie ad aree picnic e a zone adibite a campeggi su richiesta. Inoltre, a Montedimezzo è presente il Centro visitatori, con sezioni dedicate alla geologia, ai legni e alla fauna, una sala proiezioni, recinti faunistici e voliere che ospitano la fauna selvatica in difficoltà recuperata sul territorio.
Per quanto riguarda nello specifico il nucleo originario di Montedimezzo la vegetazione è arborea, con prevalenza di cerro (Quercus cerris) e faggio (Fagus selvatica), due specie che predominano l’una sull’altra in funzione della pendenza, dell’altitudine, del substrato pedologico e delle variazioni microclimatiche. Il cerro si sviluppa prevalentemente su substrati argillosi e marnosi, con tolleranza di periodi siccitosi. Le specie arboree della cerreta sono il perastro, il melo selvatico, l’acero campestre, l’acero di monte (Acer pseudoplatanus). Nella fascia del cerro è presente una ricca gamma di specie secondarie che, ove il cerro è rado, assume il ruolo di soprassuolo principale ed è rappresentato da carpino bianco (Carpynus betulus), frassino maggiore (Fraxinus excelsior) e acero (Acer campestre). In tali situazioni, in passato, sono stati eseguiti massicci coniferamenti a prevalenza bianco. Nell’arboreto (Horti colturali) che si sviluppa all’ingresso della riserva, fino alle infrastrutture ricettive a mo’ di anfiteatro le cui origini risalgono agli anni Venti, si annoverano molte altre specie sia indigene che esotiche. La faggeta invece, presente a quote più elevate, risulta strettamente adattata alle condizioni climatico-edafiche, piuttosto estreme, che caratterizzano le altitudini superiori ai 1000 metri. In linea generale, si distinguono due gruppi di faggio: uno più basso, che da un limite inferiore variabile tra gli 800 e i 1000 metri sfuma in uno superiore, che si arresta a partire dai 1500 metri di quota, laddove la faggeta cede il posto alle praterie di vetta. Le faggete d’alto fusto della fascia inferiore si trovano a contatto diretto con i querceti, ma in condizioni di umidità atmosferica maggiori. In questa fascia il sottobosco tipico è costituito dall’agrifoglio, da alcune specie di acero e dal novellame dello stesso faggio. Meno frequenti sono i piccoli frutici, quali la dafne (Daphne laureola). Lo strato erbaceo, anch’esso di norma poco folto, vede come specie più rappresentative il caglio odoroso (Galium odoratum), l’erba fragolina (Sanicula europaea), il ciclamino (Cyclamen hederifolium), il ranuncolo lanuto (Ranunculus lanuginosus). In primavera, quando gli alberi sono ancora spogli, si ha l’effimera comparsa di entità bulbose a fiori appariscenti, quali la scilla (Scilla bifolia), lo zafferano (Crocus neapolitanus) e il bucaneve (Galanthus nivalis).
Nel nucleo di Collemeluccio il soprassuolo forestale è caratterizzato per più della metà dall’abete bianco, presente con formazioni spontanee quali relitto delle antiche abetine che nei secoli e millenni addietro ricoprivano la dorsale appenninica e che oggi, oltre che in Molise, si ritrovano con piccoli nuclei in Abruzzo, in Toscana e in Calabria. In questa particolare realtà, infatti, le gestioni passate, basate su una moderazione dei tagli e sulla loro distribuzione su tutta la superficie del bosco, hanno determinato un’ottima conservazione dell’abete bianco. Particolarmente abbondante e vigorosa, soprattutto laddove l’abete bianco si mescola con il cerro, è la rinnovazione naturale.
L’altra specie che partecipa alla formazione del consorzio forestale è il cerro, che caratterizza maggiormente le aree a margine della Riserva. Nelle esposizioni più fresche, all’abete si associa il faggio. A queste specie si aggiungono il carpino bianco, l’acero campestre, l’olmo campestre, il frassino maggiore. Nel sottobosco rigoglioso si trovano il biancospino, l’agrifoglio, il prugnolo e il nocciolo.
Nelle radure e lungo i margini sono frequenti i meli, i peri selvatici, i sorbi e fra i cespugli la rosa canina e il pruno selvatico.
Numerose sono le specie animali presenti: caprioli, lepri, tassi, martore, donnole, faine, volpi, scoiattoli e gatti selvatici. Numericamente abbondante è il cinghiale, la cui presenza è messa in evidenza anche dagli insogli rinvenibili in alcune aree della foresta e dai numerosi fusti scortecciati di abete bianco sui quali l’animale va a grattarsi. Lo stato di conservazione delle cenosi forestali ha consentito anche al lupo di frequentare questi luoghi. Le specie che maggiormente caratterizzano l’avifauna presente sono invece il falco pellegrino, l’ortolano, il falco pecchiaiolo, il nibbio reale, la balia dal collare, il biancone, l’averla piccola e la poiana. Tra gli invertebrati meritano di essere segnalati Cerambix cerdo, Rosalia alpina ,Callimorpha quadripuncta e Eriogaster catax.Negli ambienti umidi è segnalata la presenza della salamandrina terdigitata.
Nel fiume Trigno vive il gambero di fiume (Austropotamobius pallipes).

Informazioni aggiuntive

Sono presenti diversi sentieri. Quello qui indicato e’ il Sentiero del Faione. Prende il nome dal faggio secolare, Re Faione, che si incontra lungo il percorso.
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